“Da medico, malato di Sla ed ex responsabile di Aifa, dico che vaccinarsi è doveroso e sicuro. Ma mentre i ricercatori si prodigavano per trovare un rimedio al virus, il Paese è rimasto quasi immobile. E ora paghiamo tutto il ritardo”: a sottolinearlo in un editoriale pubblicato lo scorso 8 gennaio su “Avvenire” è Mario Melazzini, attuale Amministratore Delegato di ICS Maugeri S.p.A. Parlando delle polemiche sull’obbligo vaccinale, il medico illustra i motivi per cui ritiene che vaccinarsi sia “una grande opportunità”: lui stesso, rispettando il turno che gli è stato assegnato, lo scorso 4 gennaio ha esercitato quello che definisce un “diritto-dovere”. “L’ho fatto perché sono e rimarrò sempre medico e ricercatore; perché credo nella scienza e nell’etica di chi la pratica; perché sono stato e mi sento uomo delle istituzioni per tutti i ruoli che ho ricoperto, non ultimo presidente e direttore generale di Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e ben conosco gli iter di approvazione. Ho la certezza che ogni farmaco approvato risponda ai criteri di qualità, sicurezza ed efficacia”, spiega nell’editoriale. E ancora: “Mi sono vaccinato perché da diversi anni sono un malato di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). L’ho fatto perché per svolgere al meglio il mio ruolo di amministratore delegato di un grande gruppo che opera nella sanità è importante per me interagire direttamente con i miei colleghi medici, con tutti gli operatori sanitari, con i pazienti. E ho il dovere di proteggere i componenti della mia famiglia”.
Parole che ben esprimono il pensiero dell’AD sul tema: “Addolorano le discussioni sulla situazione dei vaccini e le polemiche sull’obbligo vaccinale, perché mi piacerebbe vivere in un Paese in cui la cultura diffusa intervenga senza bisogno di una legge”. Ma secondo Mario Melazzini ancor più dolente è “il costante ritardo con cui la nostra amministrazione assume le decisioni e fornisce agli operatori le indicazioni per poter programmare ogni attività che tuteli la salute dei cittadini”. Sottolineando gli “sforzi inimmaginabili” compiuti in tutto il mondo dal sistema della ricerca e i traguardi raggiunti nell’individuazione di soluzioni efficaci contro il virus (vaccini, anticorpi monoclonali), l’AD spiega come sia “inaccettabile che nel tempo in cui i ricercatori erano al lavoro il sistema-Paese sia rimasto quasi immobile, arrivando al paradosso che oggi negli ospedali ci sono i vaccini ma manca il personale (e non tutto quello presente è stato formato), mancano le siringhe per inocularli, o non sono appropriate, è carente l’organizzazione”.
La pandemia, come rileva Mario Melazzini, ha fatto emergere tutte le fragilità del sistema sanitario: “Siamo riusciti a soddisfare la domanda di salute per tutti i cittadini, ma nel tempo abbiamo scoperto che è stato possibile grazie allo sforzo immenso ed encomiabile di un personale sanitario sempre più anziano, senza che venisse affrontata la questione del turn over, con medici e infermieri stressati da turni sempre più faticosi, in cambio di un riconoscimento economico inferiore agli altri Stati. Il tutto mentre le strutture e il parco tecnologico diventava sempre più obsolescente”. E in particolare a farne le spese sono stati i “più fragili tra i fragili: gli anziani, le persone con disabilità fisiche, intellettive e relazionali”. Ma questo può e deve essere “il momento della condivisione per un obiettivo comune: lavorare sul riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano come punto di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza”. Mettere tutti i propri cittadini nella condizione di vivere con dignità anche l’esperienza della fragilità, della malattia e della grave disabilità promuovendo l’inclusione e non l’isolamento o l’abbandono è quanto dovrebbe fare “un Paese che voglia veramente dirsi civile”.
È “con la malattia che il mio sguardo è cambiato” spiega Mario Melazzini: “So cosa rappresenta oggi una sanità stravolta per chi spesso presenta comorbilità importanti, deve rivolgersi con frequenza alle strutture sanitarie e le trova in difficoltà a garantire risposte “causa Covid”. Penso alla loro esigenza di recarsi in sicurezza in ospedale insieme ai caregiver, alle prestazioni rinviate, alla rete socio-assistenziale che in una larga parte del nostro territorio non riesce a soddisfare le esigenze già in tempi cosiddetti normali”. Impossibile quindi non chiedersi quanto pesi su di loro “l’organizzazione, che avrebbe potuto mitigare gli effetti della seconda ondata, e che invece è mancata”.
Secondo l’AD di ICS Maugeri S.p.A. mai come oggi è indispensabile un approccio diverso per non accusare colpi più duri: “Forte della mia esperienza so che possiamo fare meglio, che avremmo potuto pianificare, organizzare prima gli operatori, attrezzare le strutture per vaccinare. Già oggi potremmo dare migliori risposte ai bisogni di salute. Ci vuole dedizione, competenza, serietà, rigore e determinazione. E tempo di scelte adeguate al momento drammatico che stiamo vivendo. Chi opera in sanità è solo in attesa che vengano fatte da chi ne ha la responsabilità, per metterci tutti insieme al lavoro perché l’obiettivo prioritario da raggiungere è il bene dei pazienti con la tutela della salute e la sicurezza dei cittadini”.