A fronte della richiesta referendaria che vorrebbe rendere l’eutanasia legale, ultimamente si è acceso nuovamente il dibattito sull’argomento. Mario Melazzini, Amministratore Delegato di ICS Maugeri S.p.A. affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, ha detto la sua sul tema eutanasia in un editoriale pubblicato su “Avvenire”, proponendo una riflessione sul valore dell’esistenza.
Come ricorda, “con la sentenza 242 del novembre 2019 la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 580 del Codice penale ma solamente dove non ammette la possibilità di dare aiuto a chi abbia deciso «autonomamente e liberamente» di porre fine alla propria vita”. I giudici costituzionali avevano quindi “limitato la libertà di eutanasia al solo caso di una persona colpita da patologie irreversibili e da intollerabili sofferenze fisiche e psicologiche, tenuta in vita esclusivamente da trattamenti di sostegno vitale”, come nella vicenda che ha visto protagonista Dj Fabo. Secondo Mario Melazzini, anziché aiutare una persona che soffre a porre fine alla propria vita, sarebbe più appropriato aiutarlo a gestire il dolore e superare la disperazione. Il lavoro che andrebbe fatto dovrebbe essere incentrato sul “riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano”, per scongiurare la possibilità che la malattia o la disabilità diventino fonte di discriminazione sociale ed emarginazione. È inopinabile il fatto che il dolore e la sofferenza siano poco desiderabili, ed è qui che la medicina e la scienza dovrebbero intervenire per eliminare o ridurre il dolore delle persone malate, migliorando la loro qualità di vita attraverso una “corretta e concreta applicazione della legge 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore”. Le molteplici risposte ai problemi posti dal dolore e dalla sofferenza che la società ha a disposizione rappresenterebbero una “esplicita negazione dell’eutanasia, del suicidio assistito e di ogni forma di abbandono terapeutico e di cessazione dei supporti vitali”. Per Mario Melazzini “è inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale”. Una simile idea scaturisce nelle persone malate il dubbio di essere vittime di “disinteresse da parte della società e favorisce decisioni rinunciatarie”. Per cambiare questo modo di pensare ci sarebbe bisogno di una corretta informazione sulla malattia e le problematiche che comporta, così come di una reale presa in carico del malato. “Scegliere la morte – conclude Melazzini – è la sconfitta dell’umano, la vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali”.